Blindsight – Peter Watts

Mentre nel mercato mainstream la fantascienza annaspa (e le voci dicono che Ridley Scott, con il suo Prometheus, non sia riuscito a moltiplicare i pani e i pesci), esiste un angolo di mondo dove la cara vecchia sci-fi sta bene e vi saluta, come si dice. E se quest’angolo di mondo è anglofono, beh, anche qui nella provincia dell’impero toccherà munirvi di vocabolario e imparare la lingua del Bardo.

Peter Watts, da buon esponente di quella che i maniaci delle etichette chiamano hard sci-fi, possiede un bagaglio scientifico che, perdonate il francese,  spacca i culi. E non ha nessuna vergogna nel dimostrarlo, tanto che a volte si rischia di essere sommersi dalla terminologia più spietata quando il buon Watts comincia a parlare di fisica o di biologia. Ma il retroterra scientifico non è fine a se stesso: l’autore maneggia con maestria la mole mastodontica di dati e teorie necessarie alla sua storia e la mescola ad una fantasia notevole, spargendo qua e là gli ingredienti segreti della fantascienza che conta davvero, e cioè le idee (chiamiamole pure provocazioni, in questo caso). Il risultato finale della ricetta è quello che Watts stesso definisce un thought experiment, un esperimento mentale che continuerà a ronzarvi in testa molto tempo dopo che avrete chiuso il libro, perché i concetti seminati in Blindsight metteranno radici profonde.

La premessa: Terra, fine del ventunesimo secolo. Mentre un’umanità superannoiata si spoltrona in mondi virtuali personalizzati che consentono di essere imperatori del proprio piccolo universo, dei congegni alieni simili a piccoli meteoriti precipitano verso il nostro pianeta e lo “fotografano”  per intero, pochi istanti prima di essere consumati dall’atmosfera. Fioccano le teorie su chi e perché abbia voluto studiare la Terra in maniera così poco ortodossa; nel frattempo, un relitto-nave spaziale ai confini del sistema solare capta quella che con ogni probabilità è una trasmissione di ritorno, forse i dati della Terra che vengono inviati a chiunque (o qualunque cosa) li stia aspettando. Per fare conoscenza con i nostri ipotetici vicini, viene allestita una squadra di superesperti nei loro vari campi, destinata a dirigersi verso il luogo di ricezione della trasmissione, ben al di là dei confini del nostro sistema.

La composizione della squadra è il primo dei pilastri che sorreggono Blindsight. A far parte dell’allegra brigata abbiamo, in ordine sparso: un biologo che è ormai talmente integrato con i suoi strumenti da assomigliare più a una macchina che a un essere umano; una linguista che tramite un’operazione al cervello riesce a gestire quattro personalità multiple, che si alternano al posto di controllo a seconda delle necessità; un generale che può comandare in tempo reale un’armata di migliaia di droni;  un osservatore (che narra la storia in prima persona), specializzato nel “sintetizzare” informazioni altrimenti incomprensibili per i comuni esseri umani, la cui oggettività è garantita dal fatto che un’emisferectomia lo ha trasformato in una specie di zombie senza emozioni; e dulcis in fundo, a capo di questa comitiva di simpatici compagnoni, un vampiro.

Si, un vampiro. Solo che i vampiri di Watts non provengono dalle fantasie bagnate di qualche tredicenne idiota, ma dal Pleistocene. Lavorando su geni inutilizzati rimasti nel nostro DNA per milioni di anni, qualche premio Nobel incompreso ha riportato in vita una specie da sempre predatrice dell’uomo, che si era estinta più o meno quando i nostri antenati stavano imparando a cucinare bistecche di mammuth. Il motivo dell’estinzione? I nervi ottici dei vampiri non possono sopportare la vista degli angoli retti, pena convulsioni mortali. Ecco da dove arriva la convinzione popolare della croce come arma contro i vampiri. Ed ecco un esempio dell’inventiva di Watts, che si ritrova in ogni elemento del libro: dalla descrizione della nave e della sua fonte di energia, alla presentazione degli alieni e dei loro meccanismi vitali.

E qui gli alieni sono davvero alieni, non esseri antropomorfi con qualche braccio in più; Watts sfrutta le sue conoscenze come biologo marino per creare una forma di vita lontana anni luce dalle creature made in Hollywood buone solo per lo sbadiglio selvaggio. E visto che qui non si spreca niente, sfrutta queste sue creazioni per discutere di alcune idee sulla natura della coscienza (ne parlerà poi in modo più puntuale negli approfondimenti a fine libro), edificando così il secondo pilastro di Blindsight, e cioè quell’insieme di idee/provocazioni che insieme allo sviluppo narrativo rendono il romanzo dell’autore canadese una panacea per i malati di quella piaga conosciuta come mancanza-di-fantascienza-decente.

Non manca a Watts un pizzico di umorismo nero: il nostro protagonista simil-zombie riacquisterà gradualmente la sua umanità, mentre tutto intorno a lui non fa che andare sempre peggio… e le ultime pagine del libro lasciano intendere che mentre i nostri erano là fuori a indagare i misteri dell’universo, le cose sulla Terra abbiano preso una piega, per così dire, spiacevole. Ma per questi sviluppi confidiamo nell’autore, che dovrebbe regalarci una sorta di seguito incentrato proprio su quest’angolo della storia.

Lettura insomma consigliatissima, con un caveat emptor: trattandosi di hard sci-fi, il primo piano è occupato di prepotenza dallo scavo nelle idee dell’autore, più che dal cercare di renderci simpatici i personaggi. Ma a differenza di alcuni suoi colleghi, Watts riesce a mantenere l’equilibrio tra le varie componenti del romanzo e a offrire ai vostri neuroni qualcosa di molto diverso dal solito… a buon rendere, Peter, e arrivederci al prossimo libro.

P.S. Blindsight è esclusivamente in inglese, quindi consiglio ai lettori non anglofoni di imparare al più presto, perché limitarsi a leggere la roba che arriva qui in Italia sta diventando imbarazzante per i lettori forti… se volete pagare una cena all’autore, potete acquistare la copia cartacea del libro sul solito Amazon, mentre se non vi fidate potete leggere il romanzo gratis online sul sito di Watts, che da bravo autore di fantascienza non ha paura di far fallire il mondo dell’editoria tradizionale diffondendo gratuitamente le proprie opere. Viva il futuro (magari non cupo come quello di Watts…)

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